Il segnacolo funerario di C. Vatronius L.f.

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di David Nonnis
Dipartimento di Scienze dell’Antichità
Sapienza Università di Roma

Tra il novembre del 1877 e il gennaio dell’anno successivo, Francesco Fiorentini intraprese operazioni di scavo in un fondo appartenente a Felice Facciotti, situato in contrada Colombella (confinante “con i beni di S.E. il Principe Barberini”), cioè in uno dei settori più rilevanti della principale area necropolare dell’antica Praeneste. Le indagini, condotte sotto la sorveglianza dell’Ispettore alle Antichità Pietro Cicerchia, portarono al recupero di un consistente lotto di materiali pertinenti a corredi funerari d’età medio-repubblicana; contestualmente si rinvennero anche numerose casse di sarcofagi, cui presumibilmente tali oggetti dovevano essere in origine pertinenti. Tra i materiali rinvenuti si segnalano anche (accanto a ciste e specchi incisi in bronzo, in gran parte dispersi sul mercato antiquario sin dal 1880) numerosi segnacoli funerari (basi e cippi a pigna) recanti i nomi di almeno una trentina di defunti sepolti in quest’area. Buona parte di tali monumenti iscritti si conserva tuttora a Palestrina, nel palazzo Mencacci, presso il Complesso degli edifici del Foro (piazza Regina Margherita) e nelle collezioni del Museo Diocesano Prenestino di Arte Sacra.

Datazione: III sec. a.C.

Iscrizione: C(aios) Vatronio(s) L(uci) f(ilius) Caio Vatronio figlio di Lucio

Materiali: calcare

Misure: alt. cm 21 x  largh. cm 52,5 x prof. cm 46

Numero di catalogo CeiOA: 12-1080819INP 151    CIL, XIV 3287.  Il manufatto iscritto è registrato al n. 596 del volume Supplementa Italica Imagines Latium Vetus 1 CIL XIV; Eph Epigr VII e IX. Latium Vetus praeter Ostiam di M.G. Granino Cecere, Edizioni Quasar, Roma 2005

Provenienza: Necropoli della Colombella

Collocazione: sala dei reperti archeologici, Museo diocesano prenestino di arte sacra

In quest’ultimo spazio museale si trova attualmente esposta (accanto al segnacolo che marcava in origine la tomba di una Samiaria M(arci) f(ilia) minor) una peculiare base parallelepipeda in calcare, di un certo interesse in primo luogo per la sua stessa morfologia.

La base, con coronamento e zoccolo modanati ed incasso quadrangolare poco profondo sul piano di attesa (destinato forse ad accogliere un plinto o un busto funerario), presenta, nello specifico, il retro sbozzato e privo di cornice. Proprio questo particolare farebbe pensare che in origine il segnacolo fosse addossato ad una struttura muraria o che, in alternativa, fosse collocato entro una nicchia. Una posizione analoga, funzionale ad una visione frontale del manufatto, può del resto prospettarsi anche per una parte almeno dei noti busti funerari femminili, come suggeriscono la presenza di incavi e fori di fissaggio (in almeno un caso a suo tempo segnalato da Lorenzo Quilici), e la frequente mancata rifinitura del lato posteriore (già notata da Antonio Giuliano, cui si deve uno degli studi più circostanziati su questa categoria di caratteristiche statue funerarie prenestine).

L’iscrizione incisa sulla fronte ci fa, infine, sapere che il monumento in questione era relativo ad un membro della rilevante gens locale dei Vatronii (un Caios Vatronio(s) L(uci) f(ilius)), cui possiamo riferire, tra l’altro, un magistrato della città libera in carica nella seconda metà del II sec. a.C. (il praetor, C(aius) Vatronius, che dedica con il collega un altare al dio Turpenus Pater), nonché un magister (C. Vatronius C.l.) di una locale associazione collegiale di mercatores pecuarii (mercanti di bestiame), noto quest’ultimo da un donario alla Fortuna Primigenia, anch’esso da assegnare ancora allo scorcio del II sec. a.C. Il defunto ricordato dal nostro monumento dovette invece vivere durante il secolo precedente (III sec. a.C.), come possiamo ricavare dall’analisi delle forme linguistiche e paleografiche dell’epigrafe.